25 agosto 2017

CHI LA FA L'ASPETTI!

Avv. Gaspare FARDELLA
Cari frequentatori della "piazza", trascorso il periodo di ferie, riprendiamo la nostra attività, che è quella di dare voce ai lettori.
L'articolo dell'avv. FARDELLA è piottosto lungo ma, vi prego, perdete un po' del vostro tempo e con pazienza leggetelo tutto perché alla fine lo riterrete particolarmente fluido ed interessante.
Ezio RINALDI
"Egregio sig. dott. avv. Anonimo del 12/8/17, h. 19:06,
devo, inizialmente, scusarmi con Lei per il ritardo con cui rispondo al Suo intervento, per il quale mai La avrei privata del piacere di un mio riscontro, che Lei sicuramente attendeva; perciò, confidando sul Suo perdono, eccomi qui, a dare, come Lei, il mio piccolo contributo alla discussione sul caso MAFFEI, sperando di essere questa volta esaustivo e, principalmente, alla Sua altezza (cosa per me molto improba), cercando anche di fugare quei dubbi e di difendermi da quelle pesanti censure che Lei, esercitando il Suo sacrosanto diritto di critica, ha maliziosamente mosso e capziosamente sollevato nei miei confronti, nella certezza che anche Lei voglia accordarmi quello stesso diritto di critica, sopra riconosciutoLe, nonché quello di replica.
Ciò premesso, dovendoLe rappresentare innanzitutto - molto sommessamente - che l’inutile anonimato in cui Lei si rifugia Le fa perdere gran parte di quella credibilità che l’articolo merita, non posso negare tuttavia che questo risulta apprezzabile per scorrevolezza di lettura e per i temi da Lei affrontati, i quali mettono in luce la Sua particolare conoscenza delle discipline giuridiche, specialmente in campo di diritto sportivo, talmente profonda da consentirLe di esprimere, in maniera quasi convincente, tutto ed il suo contrario, nonché a far risaltare la Sua capacità di condurre un lettore disattento a conclusioni travisate, fuorvianti, incoerenti e contraddittorie, riuscendo perfino a privarlo di quelle certezze che egli credeva di avere.
Infatti, la sapiente suddivisione dell’articolo in due parti - sottile ed acuto espediente a cui Lei è ricorso - conferisce al Suo scritto quella facilità di lettura che spinge il lettore ad andare avanti, senza fermarsi, e, riempiendolo di suggestioni, gli impedisce di cogliere alcuni significativi ed importanti elementi che, se opportunamente intercettati, costituiscono invero dei non trascurabili spunti di riflessione, giacché:
- nella prima parte, dopo avere lapidariamente precisato il motivo che La indotta ad intervenire, nel tentativo di instillare il convincimento nei lettori che è la prima volta che scrive, distoglie rapidamente la loro attenzione passando con abilità a muovere appunti verso alcuni noti dissidenti e soffermandosi, con particolare cura, soprattutto su me (probabilmente Le sto antipatico, ma Le assicuro che la cosa non è reciproca), visto che stigmatizza, con singolare impegno, talune mie condotte, facendomi destinatario delle Sue critiche più aspre;
- nella seconda, invece, affronta il caso MAFFEI, ove, attraverso una succinta descrizione caratteriale del medesimo ed una invidiabile opera di sintesi in diritto sportivo, offre la Sua personale opinione, lasciando presagire una conclusione che, per quanto - a Suo dire - poco dolorosa, sarebbe purtroppo inevitabile, dando così alle Sue semplici e labiali affermazioni, prive di alcun richiamo normativo, valore di assioma giuridico.
Devo anche aggiungere che la sostanziale divisione dell’articolo in due momenti fa perdere di vista la sibillina, lugubre ed inquietante frase di chiusura, che evoca scenari catastrofici, tali da richiamare l’Apocalisse, di biblica memoria, e che qui di seguito riporto testualmente, a benefico dei distratti: “Viceversa, Dio non voglia, a rimetterci non sarebbe soltanto lui”, dal recondito significato, ma senz’altro idonea e sufficiente a svelare non solo l’odiosa, ma inutile, necessità dell’applicazione di una sanzione, seppur minima, a carico del suddetto incolpato, in ragione di una meramente ventilata, e solo da Lei asserita, sorta di “comune beneficio”, ma soprattutto la pervicace manovra di attribuire ad altri (chi?) le possibili responsabilità dell’intero evento, che però - a mio modesto avviso - sono unicamente da ascrivere a chi ha caparbiamente voluto deferire Michele MAFFEI, con la conseguenza che “a rimetterci” - diversamente da quanto da Lei labialmente attestato - dovrebbe essere soltanto costui e non altri.
Inutile dire che siamo al solito giochino dello “SCARICA BARILE”, in cui gli Italiani non hanno rivali, e Lei, con la suddetta affermazione, non dà l’impressione di costituire un’eccezione.
Ciò premesso, andando ai contenuti del Suo scritto, nel ribaltare - col Suo consenso - il relativo ordine, mi piacerebbe iniziare dalla questione MAFFEI, affrontandola più semplicemente su un piano logico, nel duplice intento, da un lato, di evitare di tediare Lei (che non ne ha bisogno) e tutti i lettori con barbose disquisizioni giuridiche, peraltro qui ripetutamente formulate, ma sempre giunte a differenti conclusioni, e, dall’altro, di dar modo a tutti, e non solo ai giuristi di alto rango - come Lei - di intervenire nell’eventuale prosieguo del dibattito.
Pertanto, mi permetta di esordire facendoLe notare che la Sua affermazione - che riporto testualmente: “Lo stesso Maffei … non ha negato la sua adesione alla decisione, per altro unanime, del Consiglio di amministrazione dell'Accademia” - , nel dimostrare che Lei ha piena contezza e perfetta conoscenza dei fatti accaduti e di come questi si siano svolti, La colloca indubbiamente, se non proprio nelle posizioni apicali della FIS, nelle immediate vicinanze.
Detto questo, fermandoci per un solo istante su tale frase e ponendo l’attenzione sull’incontestata regola - ben nota a tutti gli iscritti al I° anno di giurisprudenza e, dunque, a maggior ragione a Lei, che ha dimostrato di essere un valente cultore del diritto - che un Ente/Società, pubblico o privato, è unicamente rappresentato da colui che ne ha la rappresentanza giuridica (Presidente, Amministratore Unico, Amministratore Delegato, Consigliere Delegato) e che solo su tale soggetto ricade la responsabilità riferibile all’Ente medesimo, sorge spontaneo chiedersi come si può pretendere di sostenere che il provvedimento di deferimento possa riguardare anche quei singoli consiglieri che abbiano preso parte attiva al momento deliberativo (leggi: la votazione) e non soltanto il relativo suo legale rappresentante? Ma si rende conto della enorme corbelleria che qualche parte tenta grossolanamente di sostenere? Non Le pare assolutamente lampante, chiaro, evidente, palese, ovvio e manifesto, dall’alto delle Sue indiscusse ed indiscutibili conoscenze giuridiche, che si è di fronte ad un atto totalmente ingiusto, illecito, illegittimo, immotivato, irragionevole, irrazionale, iniquo ed illogico? Ma si è accorto che quest’atto, a cui tutta indistintamente la famiglia schermistica (e non parlo di base, maggioranza, opposizione, lealisti, dissidenti, contestatori, sostenitori) si è rivoltata, è tenacemente sostenuto soltanto dai vertici federali? Ma come possono le Sue profonde conoscenze giuridiche averLa determinata a supportare una simile tesi, che brilla soltanto per la sua immane assurdità?
Inoltre, a riprova della manifesta infondatezza del deferimento de quo, giova precisare che, ove - per pura ipotesi - si volesse ammettere che l’iter logico del ragionamento fatto dalla FIS, nell’adozione del contestato provvedimento, andasse in questa direzione e fosse esatto, ciò porterebbe all’aberrante conclusione che, a posizioni invertite, dovendosi applicare lo stesso principio sia alla FIS che a tutte le altre Federazioni sportive (visto che le norme valgono per tutti), in presenza di un provvedimento, specialmente disciplinare, questo avrà sicure ripercussioni su tutti i singoli componenti dei relativi Consigli.
Provo a spiegarmi meglio.
Poniamo il caso che una qualunque Federazione, previa delibera consiliare, adotti un provvedimento, successivamente contestato dal CONI e seguito da ripetuti inviti del medesimo ad adeguarsi alle sue direttive.
La Federazione sollecitata non aderisce.
Da qui, nasce un contrasto/contenzioso col CONI, in cui quest’ultimo, nelle more del procedimento pendente, per tutelare se stesso, assume un determinato provvedimento nei confronti della Federazione “ribelle”.
Orbene, in tale circostanza, secondo la tesi avanzata ed applicata dalla FIS, sostenuta da Lei, egr. avv. Anonimo, ed abbracciata per fede dagli altri anonimi lealisti, gli effetti del provvedimento assunto dal CONI verso quella Federazione, colpevole di avere avviato una controversia con l’Ente a cui è direttamente ex lege legata, si dispiegherebbero pure verso l’intero “indisciplinato” Consiglio federale, colpendo indistintamente ciascun componente.
Invero, secondo il mio umile pensiero di uomo della strada, questa tesi risulta più che azzardata e molto poco convincente, appunto perché appare del tutto ILLOGICA, e sono certo che Lei, rivedendo la Sua posizione sotto tale luce, non potrà, alla fine, che concordare con me; diversamente, anche in considerazione della Sua rilevata (qualcuno direbbe: rivelata) vicinanza politica, potrebbe iniziare a prendere corpo l’idea che l’articolo possa essere stato scritto A DUE MANI, oppure Le sia stato commissionato da ignoti terzi.
E restando, ancora, sul tema MAFFEI, non posso esimermi dall’osservare, con tutto il rispetto e la deferenza che Le porto, che anche l’altra Sua frase, “non capisco tutto questo baccano … stiamo parlando, comunque, al massimo di una ammonizione, se non addirittura una tiratina di orecchie”, oltre ad essere anch’essa fortemente evocativa della tragicommedia di Shakespeare, titolata: “Molto rumore per nulla” - dove il “molto” dell’inizio del titolo è sapientemente contrapposto al “nulla” della fine - è del pari infelice, atteso che parrebbe confermare le perplessità sopra esposte in ordine sia al vero (e non unico) autore dello scritto, sia alla lampante illogicità del provvedimento contestato, ma soprattutto perché indurrebbe chiunque a ritenere che ci si trovi davanti ad una palese, esecrabile ed infausta anticipazione di giudizio, da Lei pronunciata - a dispetto delle Sue evidenziate qualità di giurista - non si sa se ingenuamente oppure per spiccata vanità (per dimostrare il Suo prestigio ed il posto che occupa alla mensa degli dei), e che sembrerebbe sottendere altre imbarazzanti (per Lei) situazioni.
Difatti, nel permettermi, molto modestamente, di osservare che, come la citata opera di Shakespeare, il caso MAFFEI contiene, allo stesso tempo, risvolti tragici (il deferimento) e conseguenze comiche (tiratina di orecchie), che il “baccano”, da Lei lamentato, è stato causato esclusivamente dagli autori del provvedimento in parola, adottato verso un’icona mondiale della Scherma, orgoglio e vanto dell’intera Italia sportiva, potrebbe spiegarmi, cortesemente, per quale oscuro motivo si sia voluto assumere un simile provvedimento che ha duramente toccato e pesantemente sconvolto l’opinione pubblica, ma che alla fine si concluderà con una semplice “tiratina di orecchie”?
Perché colpire un eroe della scherma, fulgido esempio per tutti di eleganza, stile, classe, portamento, signorilità, pacatezza di toni e raffinatezza nei modi, per poi lasciargli una macchia indelebile, nella peggiore delle ipotesi, o anche solo un piccolo alone sulla manica della giacca, fastidioso alla vista, nella ricorrenza di quella più favorevole?
Quale è il senso e la logica di tutto ciò?
Ed ancora, altri numerosi e più angoscianti interrogativi sorgono dall’esito da Lei tratteggiato dell’avviato procedimento disciplinare, giacché tutti si chiedono, con sbalordito stupore, come fa Lei a sapere che la conclusione sarà “al massimo una ammonizione o una tiratina di orecchie”? Come fa ad esserne così certo? E’ già stata scritta la sentenza? E, in tal caso, come fa ad esserne a conoscenza? Tale conoscenza è diretta o mediata? E, se è mediata, chi gliela ha detta? Quale è la Sua fonte?
E se, poi, “DIO NON VOGLIA”, l’emittenda statuizione dovesse essere davvero nel senso da Lei anticipato, vaticinato, presagito, profetizzato o, comunque, predetto, non pochi potrebbero essere indotti a reputare che qualcuno ne abbia già concordato il risultato. Lei ne sa niente? Chi ha parlato con chi? Sono, allora, vere le voci che definiscono il deferimento de quo strumentale, finalizzato solo a gettare discredito su un eventuale avversario scomodo ed ingombrante, nello sforzo di cercare di ridurgli un possibile consenso elettorale? E’ forse una Sua velata conferma a quelle “insinuazioni” sull’uso inappropriato della giustizia sportiva, che Lei, senza specificare alcunché, ha tentato larvatamente di attribuire a me, ma che io (come si vedrà) non ho mai proferito?
Continuo a non trovare alcuna logica in questa triste e dolorosa vicenda, ma confido che Lei riesca a dissipare tali atroci dubbi, dando una qualche spiegazione razionale, dovendo precisare, in proposito, che questi interrogativi appartengono a molti appassionati di Scherma e rappresentano quel diffuso sentimento comune che io mi sono qui limitato a riunire e rivolgere alla FIS, ad esclusivo giovamento della stessa, perché abbia modo di esaminarli con cura ed attenzione, dopo aver sentito una voce diversa da quella dei tanti “yes-men” che davanti applaudono e dietro criticano.
Passando, ora, all’altro motivo del Suo intervento, quello che mi riguarda personalmente, dove trancia dei giudizi poco lusinghieri nei miei riguardi, accusandomi pubblicamente di essere “offensivo”, di fare “precise insinuazioni” e di non dare “doverose risposte”, pur rispettando il Suo pensiero, mi permetta di esternarLe quanto segue.
Cominciando dai primi due “atti di accusa”, contenuti nel passo da Lei così vergato: “sino ad arrivare alle offese vere e proprie, oltre che a precise insinuazioni (leggasi per esempio la lettera del dott. Fardella dell'8 agosto ore 16.36 e molte altre)”, dove Lei, con maestria ciceroniana, dando il meglio di sé e della Sua abilità nell’ars scribendi, porge al lettore una rappresentazione confusionaria, non meglio precisata e, perciò, travisata dei fatti, riuscendo subdolamente a condurlo, attraverso generiche ed indeterminate accuse, strettamente collegate all’inciso immediatamente successivo (leggi: parentesi), a formarsi un convincimento totalmente errato ed assolutamente fuorviato, facendogli credere che non solo si tratta di me, ma altresì che io sarei un soggetto solito e aduso a pronunciare volgari offese e basse insinuazioni.
A ben vedere, la realtà è totalmente diversa da quella da Lei artificiosamente dipinta; tuttavia, per poterla adeguatamente dimostrare, è preliminarmente necessario che ci si chiarisca sui termini da Lei usati indiscriminatamente, perché - si sa - le parole hanno un preciso senso, valore e peso ed è quindi opportuno che ci si intenda sull’esatto significato di “offesa” ed “insinuazione”, per evitare che si debba fare un discorso tra sordi ed io, che ci sento benissimo, debba essere costretto a gridare.
A tal fine, penso sia più agevole, utile e per tutti più facilmente comprensibile far ricorso al lessico comune e, dunque, ad un comune vocabolario, piuttosto che richiamare noiose nozioni di diritto, quali articoli di legge o codici vari o le innumerevoli pronunce giuresprudenziali.
Pertanto, iniziando dal termine OFFESA, va rilevato che sia lo Zingarelli, sia il Sabatini Coletti, sia la Treccani ne danno sostanzialmente identica definizione, visto che la descrivono come quel “danno morale che si arreca a qualcuno con atti o con parole, oltraggi o insulti” e - aggiungo io, ampliando il significato - con parolacce o linguaggio scurrile e volgare.
Orbene, in virtù del suddetto significato, potrebbe cortesemente dirmi dove, come, quando e verso chi io sarei stato offensivo?
Perché, francamente, pur avendo rivisto tutti i miei scritti, non ho trovato alcuna offesa, resa in tal senso a chicchessia e potendo, oltretutto, affermare con fierezza che, quando scrivo e taluno mi aggredisce con pesanti offese o forti provocazioni, reagisco attenendomi alla III^ legge della dinamica di Newton: ad ogni azione corrisponde sempre una reazione uguale e contraria; per cui, nessuno può mai dire di essere stato da me offeso, al limite potrà soltanto dirsi “risentito”, ma solo dopo che costui mi abbia rozzamente attaccato, profondamente offeso o pesantemente provocato, come appunto è avvenuto in occasione dell’intervento dell’11/7/17, delle ore 23,36 - da Lei poi, in un certo qual modo, sostenuto - dove un anonimo, rivolgendosi a me, scrisse: “Se lei avesse la mente meno corta ….”, e a cui seguì una mia adeguata e proporzionata reazione, che non rinnego, né ritratto, non costituendo questa - a mio modesto avviso - alcuna offesa, ma al più una possibile sensazione di “risentimento”.
Vede, se costui avesse scritto “memoria meno corta”, la mia reazione sarebbe stata di sicuro diversa, ma, per via del fatto che le parole vanno soppesate, avendo il tapino usato un altro vocabolo, dall’evidente valenza oltraggiosa, è risultato per me essere diffamante, ingiurioso e “veramente offensivo”, tale da meritarsi quella mia reazione; tuttavia, se per Lei, invece, avere la mente corta non rappresenta un’offesa, gliene faccio simpatico omaggio e gliela giro molto volentieri, senza bisogno che si disturbi a ringraziarmi.
Ed anche a proposito del mio intervento dell’8/8/17, ore 16,36, che Lei cita ad esempio della mia gratuita e smodata animosità, senza però mai spiegare quale delle due figure ricorra, Le ribadisco che non ho trovato traccia di alcuna offesa, nemmeno quando ho usato il termine VERGOGNA, perché gli stessi summenzionati vocabolari, specialmente il Garzanti, la definiscono in buona sostanza come: “un sentimento di costernazione derivante dalla consapevolezza che un’azione, un comportamento, un discorso ecc., propri o anche di altri, sono sconvenienti o ingiusti”.
Quindi, alla luce del significato sopra illustrato, non trattandosi di parolaccia, né un’ingiuria, né di diffamazione, non vedo dove Lei abbia potuto cogliere gli estremi dell’offesa, essendo assolutamente indubbio che siffatta espressione rientra pienamente in quel diritto di critica che è costituzionalmente garantito, a meno che Lei - forse, perché in possesso di un codice di nuovissima edizione, con articoli che io non conosco - non voglia attribuirmi di aver commesso un reato, di recente istituzione e solo a Lei noto: il “delitto di critica”; in tal caso, mi dichiaro reo confesso, sperando che mi vengano riconosciute le attenuanti generiche.
Concludendo tale aspetto, non posso fare a meno di farLe notare che sembra non essersi accorto, tanto è accecato dall’odio verso di me, che in ben altri quattro interventi, tutti successivi al mio, postati esattamente nelle seguenti date ed orari:
- 8/8/17, H 19,09;
- 8/8/17, H 21,05;
- 9/8/17, H 11,04;
- 9/8/17, H 12,33;
dunque, molto prima del Suo articolo (12/8/17, H 19,06), è stata ripetutamente usata la parola VERGOGNA, ma Lei ha sentito stranamente il bisogno o l’ obbligo di insorgere solo contro di me; allora, la domanda è, purtroppo, inevitabile: è possibile che qualcuno Le abbia chiesto scrivere qualcosa nei miei confronti? E, in caso affermativo, è possibile conoscerne il motivo? O ciò è semplicemente dovuto a quell’odio viscerale che Lei nutre e mi porta (per il quale, Le ripeto, non vi è in me alcuna reciprocità, anzi, la apprezzo molto, non fosse altro che per quella incrollabile fede di appartenenza di cui è dotato e che Le fa onore)?
Nel trattare, a questo punto, il capo di imputazione relativo alle INSINUAZIONI, riportandoci sempre al significato dato dai vocabolari, che, in modo pressoché uniforme, così definiscono tale termine: “accusa di colpe vere o presunte, espressa non apertamente ma in forma di allusione; maldicenza non esplicita, maligna allusione volta a gettare il sospetto su qualcuno”, è di tutta evidenza che il necessario e naturale presupposto, perché ricorra siffatta figura, è l’allusione espressa e, a seguire, le frasi vagamente accusatorie, unicamente finalizzate a far sorgere dei sospetti.
Orbene, nel permettermi di sottolineare che anche in questa circostanza Lei, richiamando esplicitamente il mio intervento dell' 8 agosto, ore 16,36, continua in modo imperterrito ad accanirsi esclusivamente contro di me, tanto è accecato da quell’odio di cui sopra (riaffermo, assolutamente non ricambiato), da non aver volutamente notato che sia lo stesso anonimo dell’11/7/17, delle ore 23,36, sia quello del 12/7/17, delle ore 23,33, da Lei citato, mi hanno fatto oggetto di una malevole allusione ed una esplicita maldicenza e che ciò rappresenta, per quanto sopra precisato, una chiara, bassa, volgare e spregevole INSINUAZIONE, riguardo la quale Lei - a dispetto di quel Suo dichiarato senso di disturbo e di disgusto verso chi solleva insinuazioni - non solo non ha avvertito alcuna necessità di operare un’opportuna presa di distanza, ma li ha addirittura sostenuti ed appoggiati, dando l’impressione di volerli persino applaudire.
E’ davvero singolare come Lei possa provare repulsione e ribrezzo a seconda dei casi: perché, come dimostrato dalle Sue parole, quando le “insinuazioni” muovono in direzione dei Suoi amici, Lei insorge, divenendo rigorosamente caustico ed iper-sensibile; ma, quando queste vanno nel senso opposto, stende un omertoso ed eloquente velo di silenzio; mi permetta la battuta, ma sembra che Lei conosca solo INSINUAZIONI A SENSO UNICO.
Ciò non Le fa onore, perché getta una ampia ombra di faziosità e parzialità sulle Sue splendide, profonde, equilibrate ed oggettive opinioni, facendo perdere alle stesse buona parte di credibilità.
Ma tornando alle INSINUAZIONI a me attribuite, poiché la sussistenza di queste è per me assolutamente poco chiara, visto che nulla Lei specifica in merito, potrebbe, di grazia, precisarmi dove le ha ravvisate? Come, quando e verso chi le avrei pronunciate? Quale sensibilità avrei toccato? La suscettibilità di chi avrei urtato?
Perché, dopo avere passato, pure qui, in rassegna tutti i miei interventi, io non ho trovato alcuna traccia.
Il Suo significativo silenzio sull’argomento mi porta fondatamente a propendere per l’assoluta inesistenza di simili figure; tuttavia, per puro tuziorismo difensivo (come dicono i dotti), in un supremo sforzo interpretativo, anche a voler cercare qualcosa laddove non c’è nulla, sarei portato a supporre che Lei le abbia artatamente individuate nel passo in cui io parlo di un uso distorto delle strutture federali e, da qui, tenta di affibbiarmi concetti ed opinioni che non ho mai, neppure velatamente, supposto, quali il fatto che la giustizia sportiva risponda a finalità politiche e non a quelle cui è preposta, nel vano e completamente non riuscito sforzo di far ricadere su di me inesistenti responsabilità.
Nella ricorrenza di tale ipotesi, mi spiace doverLe dire che ha totalmente confuso il senso delle mie parole; pertanto, La invito a rileggere meglio il passo di che trattasi, magari senza suggeritori che La possano influenzare, distrarre o confondere, perché, se lo avesse attentamente letto, si sarebbe senz’altro accorto e avrebbe di certo capito che mi riferivo all’immotivato ed ingiustificato ricorso (uso) che spesso alcuni fanno alla giustizia sportiva, e che non ho mai detto che tale organo utilizza in maniera distorta le sue competenze e attribuzioni. A riprova del fatto che è esclusivamente questa la mia opinione al riguardo, La invito a rileggere anche l’altro mio intervento, sullo stesso articolo, pubblicato il 13/7/17, alle ore 12,49, che qui ripropongo testualmente, pensando di farLe cosa gradita: “Siamo al solito modus agendi: il ricorso forzato e strumentale (oltre che improprio) alla giustizia federale, per il perseguimento di scopi esclusivamente politici, che non si sanno o possono raggiungere”.
Tutto quanto sopra esposto dimostra chiaramente che, quando devo dire come la penso, non ho bisogno di ricorrere a discorsi allusivi, lo faccio apertamente, in maniera netta, precisa ed evidente, senza ricorrere ad espedienti di sorta e, soprattutto, mettendoci nome, cognome, firma, faccia e alle volte pure la voce, come quella volta, nel lontano 1998-99, in cui, insieme all’amico maestro Giovanni Augugliaro, ho partecipato alla trasmissione radiofonica, Rai Radio a Colori, condotta dal compianto Oliviero Beha; in quella sede, in diretta radio ed in contraddittorio con l’allora Presidente FIS, prof. Antonio Di Blasi, contestammo la conduzione federale, avanzando forti critiche, tanto che poi fummo deferiti entrambi.
Su tale episodio, mi sia consentita una piccola digressione che mi piace ricordare: uno degli argomenti di critica che portammo in trasmissione fu proprio l’uso della carta “Mille-Miglia” (è giusto precisare, ad onor del vero, non solo quella del Presidente) o, meglio, l’utilizzo dei bonus (viaggi premio) maturati attraverso l’acquisto dei biglietti, che, secondo noi, andavano destinati all’uso federale e non personale, nell’ottica dell’ottimizzazione delle risorse economiche della FIS. Ma la particolarità che mi piace sottolineare, oltre al fatto che eravamo avanti di quasi vent’anni, è la circostanza che qualcuno allora ci disse che avevamo ragione.
Nel concludere l’argomento relativo all’uso distorto che certuni fanno della giustizia sportiva o, se preferisce, dei ricorsi disciplinari da sottoporre a questa, di cui la storia della Federazione è piena, vale la pena ricordarne alcuni, tra cui - vado a memoria - i seguenti:
- 1992, il maestro Giovanni Augugliaro subì un deferimento, perché intese porre la sua candidatura al Consiglio federale, malgrado l’energico divieto presidenziale; la cosa poi sfociò nel Tribunale ordinario, che diede ragione al Maestro;
- 1994, io e mio padre, per essermi candidato al Consiglio federale ed aver fatto parte della squadra che sosteneva il Prof. Di Blasi alla carica di Presidente FIS, cariche alle quali, da lì a poco, fummo entrambi eletti; mio padre, invece, venne deferito per riflesso, appunto perché appoggiava me e, di conseguenza, Di Blasi (quando si dice: le colpe dei figli ricadono sui padri); la vicenda disciplinare si concluse col rigetto del deferimento e l’assoluzione di tutti gli incolpati;
- 1997/98, io, Mauro Numa, il Maestro Giovanni Augugliaro e lo scomparso Dott. Giancarlo Lucarelli andammo sotto disciplinare per aver scritto e diffuso una lettera aperta, in cui esprimevamo il nostro dissenso su alcune scelte federali;
- 1997/98, gli stessi soggetti di cui sopra risposero chiedendo il deferimento del Presidente, Prof. Di Blasi; entrambe le questioni si risolsero con buona pace per tutti;
- 1998/99, io ed il Maestro Giovanni Augugliaro fummo deferiti per aver partecipato alla summenzionata trasmissione radiofonica; il procedimento non continuò innanzi il Giudice sportivo, essendosi fermato al vaglio del Procuratore federale, che archiviò il tutto;
- 2002/03, il Maestro Saverio Crisci, tramite nota inviata al Consiglio federale, sollecitò tale organo ad adottare provvedimenti disciplinari nei confronti del Dott. Marco Cannella, allora delegato GSA per il Lazio, colpevole di aver sostituito, in un assalto, l’arbitro designato dalla Direzione di Torneo, evento che - a dire del Maestro Crisci - avrebbe determinato la sconfitta della sua atleta; la richiesta non ebbe alcun seguito, perché non fu ravvisata alcuna violazione;
- 2004/05, il Presidente, Prof. Antonio Di Blasi, alla vigilia delle votazioni per il rinnovo delle cariche federali, ove il Maestro Scarso si candidava per la prima volta alla poltrona presidenziale, fu deferito su richiesta del Maestro Giovanni Augugliaro; il giudizio si concluse poco tempo prima delle elezioni ed il Prof Di Blasi ricevette una ammonizione semplice;
- 2006, il Presidente, Maestro Giorgio Scarso, subì un deferimento su istanza del Maestro Giovanni Augugliaro; sulla richiesta del Procuratore federale di condanna dell’incolpato a 90 giorni di squalifica, il giudizio si concluse con la condanna del Presidente a 45 giorni di squalifica e conseguente sospensione dalle attività federali;
- 2006, il Maestro Giovanni Augugliaro subì un deferimento su istanza del Presidente, Maestro Giorgio Scarso, avanzato in risposta a quello contro il medesimo precedentemente chiesto dal primo; sulla richiesta del Procuratore federale di condanna dell’incolpato a 30 giorni di squalifica, il giudizio si concluse con la condanna del Maestro Augugliaro a 15 giorni di squalifica e conseguente sospensione dalle attività federali;
- 2006, a seguito di appello presentato dal Presidente avverso la succitata sentenza, questa venne parzialmente riformata, visto che, pur essendo stata revocata la sanzione dei 30 giorni di squalifica, al Presidente Scarso venne inflitta la sanzione dell’ammonizione con diffida, essendo stata comunque riconosciuta la sua responsabilità disciplinare, per alcune dichiarazioni rese ai danni del Maestro Augugliaro;
- 2008, il Col. Ezio Rinaldi ricevette una richiesta di deferimento dal Consiglio federale, per aver pronunciato, in un momento consiliare, una frase ritenuta offensiva; il Procuratore, esaminati gli atti, archiviò la richiesta;
e senza nulla dire che, nei recenti anni scorsi, il Dott. Cannella denunciò, trascinandoli in Tribunale (quello ordinario e non sportivo), il Dott. Fileccia e il Col. Rinaldi; il giudizio si concluse con piena soddisfazione per questi ultimi.
E arriviamo, finalmente, all’argomento per Lei più pruriginoso, visto che Le suscita una morbosa, ossessiva e parossistica curiosità - tanto da permettermi di appellarLa DELFINO CURIOSO - e che, in realtà, rivela tutta la Sua incoerenza, incongruenza e contraddittorietà, nonché la Sua ingannevole, apparente e finta unica identità e libertà di pensiero.
Per meglio comprendere ciò, è necessario riferirci alla relativa frase, che recita testualmente: “A proposito del dott. Fardella, avevo seguito con molta attenzione alcuni interventi che lo riguardavano (10 luglio, interventi delle ore 01.08 - 07.43 e 23.33) per i quali, soprattutto per l'ultimo, ci si aspettava una doverosa risposta che però non e' mai arrivata”.
Orbene, al di là del fatto che la data dei richiami inseriti nell’inciso è errata, essendo quella corretta il 12 luglio e non il 10, non può farsi a meno di evidenziare come, in detta frase, con particolare riguardo all’intervento delle ore 23,33, emergono alcuni importanti e significativi elementi, assolutamente rivelatori del fatto che tali scritti sono il prodotto, se non della stessa mano, quanto meno di un’unica regia, giacché:
- l’anonimo del suddetto intervento è, per esplicita ammissione di costui, quello stesso autore che si rivolse a me l’11/7/17, alle ore 23,36, attaccandomi pesantemente con basse, squallide e volgari insinuazioni;
- sempre il medesimo articolo (quello delle ore 23,33), da Lei citato, è assolutamente sovrapponibile, per stile, taglio, forma e schema di scrittura, al Suo del 12/8/17, ore 19,06;
- pur avendo Lei manifestato forte disprezzo su chi insinua ed offende, nulla però ha detto circa le insinuazioni e offese a me rivolte da tale soggetto, mostrando anzi di condividerne il pensiero;
- solo gli interventi dell’11/7, ore 23,36 e 12/7, ore 23,33, insieme al Suo, fremono per una mia risposta, apparendo chiara la provocazione riportata nella parte finale del periodo.
E’, dunque, palese che la matrice di tali interventi è unica ed a nulla è servito il nascondersi dietro un poco nobile anonimato, nell’illusorio sforzo di indurre chi legge a pensare che si tratti di diversi soggetti, perché - come sopra chiarito - la realtà non è così: chi ha scritto è soltanto UNO, anche se su commissione, il quale ha cercato di dare l’impressione che a farlo siano stati in tanti.
Ciò mi riporta vagamente alla memoria il romanzo, forse più famoso, di Pirandello: “Uno, nessuno e centomila”, dove il protagonista, accortosi di apparire agli altri non come credeva di essere (Uno), ma in “centomila” modi diversi, in profonda crisi di identità (Nessuno), decide di avviare un processo di ricerca per ritrovare se stesso, nella speranza di scoprire chi è veramente, ma ritrovandosi, alla fine, frantumato nei suoi “centomila” alter ego.
E allora, egregio sig. Anonimo, viste le Sue tante (mal)celate identità, ove fosse alla ricerca di quella autentica (specialmente nel caso di difformità tra pensatore e scrittore), per sentirsi accolto e riconosciuto nel contesto in cui abitualmente si muove, a quali delle seguenti figure ritiene di essere più vicino: Il condottiero mascherato? Il compattatore di consensi? Il mietitore di voti? L’enzima catalizzatore? La mente pensante? Il saggio illuminato? Il numa ispiratore? La guida spirituale? Il capo carismatico? La penna parlante? Il messaggero degli dei? L’angelo vendicatore? Un moderno cicisbeo?
Nell’attesa che si decida, passo ad affrontare la Sua provocazione finale, con la quale Lei, implicitamente tornando sull’argomento, mi invita a fare luce sull’ignobile deferimento subito e, quindi, prendendo in prestito il titolo di un celebre romanzo di Fëdor Dostoevskij - che certamente avrà letto - , a rendere pubbliche le mie “Memorie dal sottosuolo”.
Le dico subito che mi trovo in assoluto disaccordo e che trovo l’afferente espressione pronunciata in modo tendenzioso, perfido e malevole, nel chiaro ed ingannevole intento di far credere che la questione interessa a molti e che Lei è in possesso di verità che io non voglio svelare: FALSO.
Infatti, nell’evidenziare che, secondo il trend di questo Blog, la gente che ha mostrato “interesse” a tale aspetto non è quella gran moltitudine che vorrebbe far credere Lei, ma soltanto uno o, al massimo, due soggetti: Lei ed il Suo committente (per me, poi, perfettamente coincidenti con quell’uno), mi permetto sommessamente di rammentarLe - visto che sembra esserLe stranamente sfuggito - che con il termine “doveroso” ci si riferisce ad un obbligo che trova il suo fondamento, il più delle volte, nella legge, e che pertanto sussiste un siffatto obbligo solo quando ci si trova al cospetto di:
- un giudice;
- un tutore dell’ordine;
- di un insegnante;
- di un superiore gerarchico;
- dei genitori;
- del proprio partner.
Ora, nella considerazione che Lei non è nessuna delle su specificate figure (non è mio padre, né mia madre, né un mio professore, né il giudice della causa, né tutore di alcun ordine, né un mio capo, né mia moglie), è di assodata ed inequivocabile certezza che non ho alcun obbligo né verso di Lei, né verso qualunque altro genere e tipo di DELFINO CURIOSO.
Se poi si riflette - ma vedo che Le risulta difficile - sul fatto che, nella specie, non solo in ossequio a quello che fu un mio preciso obbligo di legge, ho già risposto al giudice competente, il quale, alla fine, mi ha scagionato del tutto, ma anche in adempimento a quello che fu un mio sentito obbligo morale (forse ciò a cui allude), ho dato esatta, precisa, compiuta, totale e rigorosa descrizione degli accadimenti, dei fatti a me imputati, delle mie difese, per ben due volte:
- la prima a Terni, un paio di mesi prima delle votazioni, davanti un consesso di circa 30 persone (tra cui: Mauro Numa, Francesco Tiberi, Mario Micheli, Giovanni Augugliaro, Antonio Di Blasi, Calliope Scarpa, Ezio Rinaldi, Carlo Macchi, il compianto Alberto Pellegrino);
- la seconda a Roma, la sera prima delle elezioni, in un consesso ancor più ampio, essendo presenti tutti i sostenitori della presidenza Di Blasi; in quel contesto, io rimisi la mia candidatura nelle mani e nella volontà dell’intero gruppo, e questo, confermandomi la fiducia, continuò a sostenermi, tanto che poi venni eletto;
non vedo il motivo per cui dovrei soddisfare le assurde, ignobili e patetiche voglie di qualcuno che, senza alcun titolo, qualifica, motivo o ragione, pretenderebbe di avere da me soddisfazione.
Pertanto, insisto nel dire che trovo tale strumentale ed artefatta richiesta alla stregua di una squallida provocazione, avanzata in totale mala fede, nel maldestro ed inutile intento di mettermi il bavaglio, screditando la mia persona, colpevole di essere pesante o indigesto o antipatico o insopportabile o odioso. O, molto più semplicemente, fastidioso, forse perché parlo apertamente ed esprimo senza paura le mie condivise opinioni? In tale ultimo caso, sarebbe come dire che io ho il torto di avere ragione.
Tuttavia, proprio perché non ho nulla da temere, né niente da nascondere, né alcuno da ringraziare, sono disponibile, egregio sig., dott., avv., I° presidente di Cassazione civile e penale a sezioni unite, nonché luminare del diritto, a non invocare principi a Lei ben noti, quali il già formato giudicato, il ne bis in idem, il diritto all’oblio, in spregio al quasi quarto di secolo trascorso, a rispondere alle Sue domande, a condizione che Lei voglia confrontarsi ad armi pari e quindi proceda preliminarmente e preventivamente a fornire e chiarire tutti, nessuno escluso, i seguenti elementi e circostanze:
- innanzitutto, la sicurezza, certezza e piena dimostrazione che si tratti di Lei e non altri;
- la Sua vera identità, mettendo nome, cognome e volto, allegando apposito documento di riconoscimento;
- le generalità complete dell’anonimo dell’11/7/17, delle ore 23,36;
- il motivo per cui nessuno parla della condanna inflitta al Presidente Scarso il 25/9/06, che ha comportato 45 giorni di squalifica;
- la verità sui reali motivi della sentenza di appello del 20/10/06, che ha revocato detta squalifica;
- le vere ragioni (giuridiche e non) con cui si è pervenuto a tale pronunciamento;
- la conferma del fatto che, qualche giorno prima dell’udienza finale, molte persone, che frequentano e praticano la scherma, andarono a trovare l’avv. Paragallo;
- l’esatto ed effettivo motivo per cui, qualche giorno prima della suddetta occasione, in molti sentirono l’esigenza, il bisogno, la necessità di incontrare l’avv. Paragallo;
- la conferma del fatto che, tra queste persone, vi fossero anche i miei amici: Maestro Andrea Cipressa, Maestro Saverio Crisci e Michele Maffei (che qualcuno avrebbe dovuto ancor oggi ringraziare);
- la spiegazione di come, in occasione del procedimento di appello, iniziato alle ore 13,10 e conclusosi alle ore 13,40, si sia potuto raccogliere le presenze, svolgere il dibattimento, verbalizzare le dichiarazioni dei contendenti, ritirarsi per deliberare, scrivere, stampare, controllare, collazionare e sottoscrivere una sentenza di 9 pagine, in un lasso di tempo di soli 30 minuti;
- il motivo per cui nessuno parla del fatto che la sentenza di appello, pur avendo revocato la pena più alta, ha ugualmente e comunque affermato delle responsabilità disciplinari a carico del Presidente Scarso, tanto che gli è stata inflitta la sanzione dell’ammonizione con diffida.
Ove Lei farà la Sua parte, rispondendo in maniera completa, integrale ed esaustiva a tutti - nessuno escluso - i sopra elencati interrogativi, e nelle forme e modalità ivi precisate, allora anche io farò la mia.
Nel frattempo, mi permetta di suggerirLe di evitare, per il futuro, di prestare la Sua cultura, intelligenza, cervello, preparazione ed istruzione ad altri, nella segreta speranza - se non proprio pia illusione - di avere o mantenere un posto al sole, ciò non Le rende merito, non Le fa onore ed, oltretutto, Le fa correre il rischio che i lettori La vedano come il principe Myškin, il protagonista del celeberrimo romanzo di Fëdor Dostoevskij: “L’idiota”.
Con immutata stima.

Gaspare Fardella"

10 commenti:

  1. Mi complimento con l'autore. Moltissime le notizie e ampiamente circostanziate.
    Mi induce a conoscere maggiormente la vita federale al di là delle vittorie dei campioni.
    Credo che il resoconto sia una base di partenza per una analisi globale e prospettica della federazione scherma degli ultimi 12 anni o giù di lì.

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  2. Bravo Gaspare. Analisi ineccepibile. Ho lasciato la scherma per le pagine vergognose che si sono scritte (ovviamente a mio modesto parere) e vedo che l'andazzo è sempre lo stesso. Un abbraccio forte a Michele Maffei per quanto gli sta ingiustamente accadendo!
    Marco Puglisi

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  3. Adoro i post dove per un verso si fanno "nomi e cognomi" e per un altro verso si rimette alla libera immaginazione del lettore il compito di individuare il puparo e i burattini di turno!

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    1. Adoro gli anonimi che per un verso non non hanno il coraggio di palesarsi e per un altro verso hanno l'ardire di dire e non dire.

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    2. Egregio sig. anonimo delle ore 20:04,
      esca dall'anonimato, in cui pavidamente si rifugia, e dica chiaramente le parti che ora sta, larvatamente e allusivamente, tentando di addossarmi. Solo così potrà aiutarmi a soddisfare in toto la Sua voglia di sapere.
      Diversamente, non mi resta che suggerirLe di rivolgere aliunde le Sue insinuanti richieste, sarà senz'altro accontentato.
      Come dire: riprova (altrove), sarai più fortunato!
      Cordialmente.
      Gaspare Fardella

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  4. Actor venire debet instructior quam reus!
    Restiamo in attesa di ampia ed esaustiva replica da parte dell'anonimo provocatore

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  5. Che figuraccia! L'ennesimo anonimo lealista malamente asfaltato da un noto commentatore del blog.
    Complimenti all'avv. Fardella.

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  6. Complimenti all'avv. Fardella per il suo scritto degno dei un uomo di cultura libero e di buoni costumi quale lui, evidentemente, è.
    Mi permetto solo di sollecitare una sua maggiore attenzione al caso dei deferimenti, tutti, non solo quello di MM.
    I deferimenti sono palesemente antigiuridici, la questione non è se sia il caso di deferire un'icona della scherma come MM bensì se esistano gli estremi giuridici.
    Ebbene a mi modesto avviso il procuratore avrebbe dovuto immediatamente archiviare la questione e, ritengo, pagherà le conseguenze di questo errore grossolano.
    Risulta assolutamente palese che non si possa deferire un affiliato ad una Federazione per una condotta assunta in qualità di consigliere di un Ente esterno ed estraneo alla Federazione stessa; è il caso, forse, di ricordare che l'Accademia è Ente Morale con personalità giuridica perfetta.
    Infine pongo un quesito, Michele Maffei è Consigliere CONI eletto, nel caso in cui il Consiglio CONI assumesse una delibera contraria alla FIS per un qualsivoglia motivo, con voto favorevole del nostro MM, questi sarebbe deferibile? e questo ricatto non violerebbe la libertà di voto del consigliere?
    Non è un'insinuazione ma una triste realtà che la procura federale risponda a logiche politiche e non giuritiche.
    Carlo Cinque

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    1. Condivido e aggiungo che, secondo me, la procura federale dovrebbe rispondere solo a questioni dispciplinari

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  7. Caro Gaspare, come al solito sei stato molto preciso nel rigettare le insinuazioni fatte nei tuoi confronti,e nel fare la cronostoria di questa Federazione citando fatti che conosco perfettamente avendole vissute insieme a te e al M° Augugliaro, fatte da una persona che dimostra di non conoscere i fatti e non ha il coraggio morale di firmare con nome cognome le sue affermazioni.

    Zuanella Enzo Sebastiano

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